La nostra spiritualità

Cenni storici

Alla fine degli anni ’50 don Comelli iniziò ad occuparsi dei giovani in città, in particolare degli studenti delle scuole superiori. Con il trascorrere del tempo oltre al gruppo dei giovani studenti si crearono anche gruppi di universitari e di adulti, fino a formare una comunità che copriva le diverse fasce di età. La formazione spirituale veniva curata personalmente da don Comelli, garantendo uniformità e coerenza. Alla fine degli anni ’90, in seguito alla malattia e progressiva infermità, don Comelli invitava i membri della comunità a redigere uno statuto per costituire una associazione privata di fedeli, che venne approvata da mons. Baggini il 4 ottobre 2002.

Dopo la morte di don Comelli (24 settembre 2003) la storia è proseguita, in modo molto meno coerente e omogeneo in termini di formazione spirituale, e avviene anche un parziale ricambio tra i membri della comunità, con abbandono di alcuni e aggiunta di altri, che non avevano condiviso il percorso precedente.

Spiritualità della comunità

Punto di partenza è la spiritualità delle persone che fanno parte della comunità. Chiaramente ciascuno ha sfumature e inclinazioni proprie, per cui più che come un minimo comune denominatore, si può descrivere la spiritualità della comunità come gli elementi della vita spirituale di ciascuno che tendono più spesso a manifestarsi quando la comunità si trova non solo per la S. Messa, o a pregare, ma in qualsiasi momento: ci diciamo spesso che ci sentiamo amici tra noi perché c’è una fiducia e un riconoscimento reciproco che va al di là della più o meno lunga frequentazione personale, che sia trentennale o di pochi mesi. Alla base di questo sta proprio quel riconoscimento del modo di vivere e interpretare la fede, quei tratti comuni della spiritualità di ciascuno, per cui diventa molto facile intendersi e capirsi. In altri termini, è il manifestarsi dello Spirito di comunione.

Quali sono questi tratti comuni, dunque gli elementi che sappiamo riconoscere come parte della “spiritualità della nostra comunità”?

  • La fede per essere consapevole deve arrivare ad essere realmente un incontro personale con Gesù: la preghiera quindi diventa un dialogo del cuore a tu per tu con Lui
  • Cristo sapienza della storia: con questa espressione si vuole intendere che Cristo è la chiave per comprendere la realtà, storica e odierna, e per agirvi. Non siamo esseri solo spirituali o fuori dalla realtà, ma Cristo ci porta – anzi ci obbliga – ad essere parte integrante e attiva della società in cui viviamo.
  • “Io dichiaro oggi di volermi impegnare a rispondere alla vocazione comunitaria con coerenza e fedeltà”: è una frase della preghiera della comunità che sottolinea il fatto che siamo chiamati (vocazione) al cammino di comunione e santificazione con i fratelli, perché non ci si salva da soli; è una chiamata universale che esige una risposta, può realizzarsi qui o altrove: nel nostro caso si realizza in questa comunità;
  • E’ lo Spirito Santo che costruisce la comunione: da un lato è fondamentale pregare per questo dono, dall’altro lavorare su noi stessi per non essere di ostacolo al cammino di unità, all’azione dello Spirito
  • L’Eucarestia è centro di tutto: della vita della comunità, della vita della persona. Da qui la massima attenzione alla Liturgia, e alla preparazione della S. Messa: la Messa ha un prima e un dopo, non solo un durante
  • Centralità del confronto della vita con la Parola di Dio (più che lo studio e l’approfondimento biblico), e il conseguente racconto reciproco della vita di fede – la “condivisione”. Prima c’è il confronto personale, poi la Parola tradotta nell’esperienza della vita quotidiana, poi la condivisione; non è facile che questa condivisione sia un vero confronto di vita senza scadere nel parere, nel “secondo me”, ma passi a “nella mia vita succede così”. Quando la condivisione ha in sé il seme della verità della vita vissuta è molto arricchente e costruisce realmente comunione
  • Una particolare devozione a Maria, modello della fede
  • Il modo di intendere la comunità non è la comunità per me, ma io per la comunità; quindi luogo in cui servire, non in cui farsi servire; questo anche e soprattutto nella dimensione spirituale, non solo delle attività (sono qui per consolare, non per essere consolato; per accogliere, non per essere accolto; per donare ciò che sono, non per prendere ciò che gli altri sono disponibili a donare)
  • Il discernimento dell’intenzione del cuore è metro di giudizio nell’esame di coscienza personale. Una conseguenza di questa consapevolezza è che si può giudicare l’azione ma non la persona, perché solo Dio scruta e conosce i cuori
  • La preghiera deve essere vissuta in tutte le tre forme: personale, familiare, comunitaria. La preghiera in forma comunitaria è particolarmente gradita a Dio. Per essere tale dev’essere un’unica voce, non la somma di singole voci, di tante preghiere personali. Ci si ascolta. In questo modo si prega in particolare la liturgia delle ore, con la comunità e contemporaneamente con tutta la Chiesa
  • La carità è una questione di ciascuno personalmente ma anche della comunità: la si pratica insieme nell’accoglienza di chi si avvicina alla comunità, chiunque sia e qualunque problema abbia, e nell’attenzione alle situazioni e ai drammi del mondo

Chi si è aggiunto nel tempo, senza aver condiviso la formazione “storica”, si è unito a noi perché si è riconosciuto in molti di questi tratti, sentendosi a proprio agio anche venendo da una storia diversa.

Strumenti per alimentare la spiritualità

La spiritualità in comunità si alimenta con:

  • esercizi spirituali (vissuti in silenzio), giornate di spiritualità inizio tempi forti
  • confronto con la Parola
  • appuntamenti di preghiera (in particolare l’Adorazione e la Liturgia delle Ore)
  • S. Messa

La varietà dei predicatori non contribuisce a indirizzare verso quegli elementi comuni della spiritualità, e quindi certamente negli anni è diminuita la capacità di dare una formazione omogenea.

La guida spirituale della comunità

Cosa è successo negli ultimi 16 anni:

  • Siamo stati per molti anni senza un sacerdote, quindi seguendo predicazioni diverse e “casuali”. Il Consiglio ha assunto la responsabilità di curare la vita spirituale dei membri della comunità: questa è una responsabilità che non è mai stata facile da vivere e sostenere. In quel periodo sono state spesso fatte anche catechesi internamente guidate da membri della comunità, di solito attingendo alla tradizione, cioè agli appunti delle meditazioni di don Comelli
  • Nel 2010 ci è stato assegnato un sacerdote che ci ha accompagnato dal punto di vista sacramentale e ha condiviso un cammino ricco dal punto di vista umano, non della formazione spirituale, perché mancava una sintonia di fondo.
  • Nel 2014 è stato nominato assistente spirituale un sacerdote che ha dato una sua impronta facendoci crescere, nel rispetto della spiritualità che ha trovato.
  • Dal 2016 non abbiamo più un sacerdote, ma è entrato in comunità un diacono: non è arrivato da noi in quanto assegnato, ma ha scelto di condividere il nostro percorso – con l’approvazione del Vescovo – e si è trovato in sintonia con la nostra spiritualità e ora la cura personalmente.

La spiritualità come carisma

Il carisma della nostra comunità non è originale, è quello di qualsiasi comunità cristiana: essere una sola cosa perché il mondo creda. Ma ciò che ci contraddistingue ed è unico è la spiritualità che condividiamo, il percorso di fede costruito negli anni da tutti coloro che sono passati per la comunità, lasciandovi una propria impronta. Anche questo è un carisma, cioè un dono dello Spirito, che dobbiamo e vogliamo mettere a servizio della Chiesa.

Vigevano, 18/10/2019