Storia e Arte

La chiesa di Santa Maria del Popolo, una delle più pure testimonianze del barocco in Vigevano, è dedicata alla Purificazione di Maria e al Suffragio.

Il titolo Sancta Maria ad Populum, prima denominazione della chiesa, pare sia in ragione della dedica al Popolo di Vigevano voluta dai Visconti-Sforza che successivamente la elessero a cappella di corte. La prima chiesa aveva, in vero, la facciata rivolta verso il Castello, esattamente all’opposto di come si presenta ora.

Cenni storici

L’origine di questa chiesa risale al 1511, anno in cui alcuni confratelli di San Dionigi, si distaccarono da quella confraternita in seguito ad un litigio nato perché un confratello aveva permesso di battere il miglio in chiesa.

Dopo alcuni anni, precisamente nel 1516 fondarono un oratorio detto di Sancta Maria ad Populum, dedicato poi nel 1595 alla Purificazione della Vergine. Francesco II Sforza la elesse oratorio della corte Ducale e donò numerosi paramenti e oggetti preziosi, tra cui la Madonna lignea proveniente dal Castello, posta in una nicchia del coro.

Nel 1599 si ha una testimonianza di un lascito alla confraternita per dotare sei povere ragazze nubili. Questa confraternita venne poi aggregata nel 1621 alla Arciconfraternita del Suffragio in Roma; qui si insegnava la dottrina cristiana alle donne.

Col passare del tempo la chiesa si dimostrò insufficiente a contenere il popolo che la frequentava, per questo il consiglio della confraternita decise di abbatterla e di costruirne una nuova più grande.

Nel 1696 fu abbattuta l’antica chiesa e nel 1698, la terza domenica di Agosto, fu benedetta la prima pietra della nuova chiesa dall’allora Vescovo di Vigevano, mons. Marino Sormani.

Come risulta dai documenti della confraternita, il progetto è dell’architetto di origine romana Giovanni Ruggeri, già attivo in questo periodo a Milano dove progetta il palazzo Cusani e la villa Alari-Visconti di Cernusco sul Naviglio.

La forma attuale della chiesa risale però al 1729.

Arte

Esterno

LA CANCELLATA

In ferro battuto, delimita il piccolo sagrato dalla via del Popolo. Fu posta nel 1900 per un curioso motivo: come si legge in un verbale del consiglio della Confraternita del 1899, doveva evitare che i passanti continuassero ad usare gli angoli scuri della facciata della chiesa per bisogni fisiologici, inadatti al fabbricato.

Fu eseguita dal fabbro Pietro Sempio per la somma di L. 1.500, su disegno di Casimiro Ottone, al quale va attribuito anche il disegno del selciato del sagrato, restaurato dalla attuale Confraternita nel 1986.

LA FACCIATA

Compiuta nel 1717, è mistilinea, in mattoni a vista a doppio ordine con intercalato un cornicione a forte aggetto di effetto movimentato e fortemente scenografico. Un’opera tipicamente barocca, dove la ricerca continua di motivi di interesse inducono alla continua modificazione dei piani, in modo da creare effetti chiaroscurali di valore pittorico. Due colonne di granito poste ai lati del portale sostengono il primo cornicione sul quale poggiano i basamenti di altre colonne che reggono il cornicione finale. Al centro, il timpano è mistilineo con un cartiglio a conchiglia rovesciata. Fra le due colonne del secondo ordine si apre un grande finestrone sormontato da due teste di angeli; lesene affiancanti le colonne slanciano la facciata verso l’alto, alleggerendo la composizione.

Interno

È a pianta centrale, espressione tipica del barocco romano, cui segue un inserto rettangolare in cui trovano posto l’altare maggiore e il coro. Finte colonne e lesene sostengono il cornicione su cui posa la volta. Le due cappelle laterali con altare, sono affiancate da quattro matronei che alleggeriscono le pareti e creano un effetto scenografico.

Il presbiterio è diviso dalla navata da una balaustra in marmo preceduta da due scalini.

CAPPELLA LATERALE DESTRA

Balaustrata in marmi misti, opera di lapicidi lombardi dei primi del ‘700; bellissima commessa di marmi eseguita con armonia cromatica di piacevole gusto barocco. Si richiama, pur differenziandosi notevolmente, alla balaustrata di prospetto.

Altare in marmi misti dei primi dell’ ‘800. Di gusto neoclassico, si richiama stilisticamente all’altare di prospetto.

Sposalizio della Vergine: olio su tela di cm. 320X240, cornice in legno dorato. Il dipinto è del 1754, del pittore milanese Federico Bianchi, autore anche della grande tela situata sul fondo del coro. Schemi e impostazioni sono tipicamente settecenteschi.

CAPPELLA LATERALE SINISTRA dedicata alla SS. Vergine del Suffragio

Balaustrata in marmi misti, opera di lapicidi lombardi della prima metà del XVIII sec. Elegante commessa di marmo tipicamente barocca ove la ricchezza della materia è avvivata dal piacere del disegno.

Altare eseguito da maestranze lombarde. Il paliotto, ovvero la parte anteriore dell’altare, è in marmo verde delle Alpi. Stilisticamente si richiama all’altare di prospetto.

Crocifisso in legno intagliato e dipinto, della prima metà del XVII sec.. Monumentale e vigorosamente modellato, anche se un po’ rigido, se ne ignora la provenienza originaria; ha subito una ridipintura del corpo, probabilmente nel XIX sec.

PRESBITERIO

Tre gradini precedono una balaustrata ad andamento convesso, eseguita nella prima metà del ‘700 probabilmente dalle stesse maestranza delle balaustre laterali. Questa è in marmi misti ed è arricchita nella cimasa, ovvero nella mensola, da intarsi di madreperla a forma di goccia. E’ un lavoro artistico di buon effetto cromatico e di pregevolezza dei materiali, avvivato dal disegno di piacevole gusto barocco.

Cancelletto a due ante, in ferro battuto, risalente al XIX sec.; opera molto posteriore alla balaustrata, presenta uno stile già classicheggiante.

Altare maggiore in marmi misti con paliotto curvilineo. Il tabernacolo ha lesene e tre testoline di angeli, lavorate a tutto rilievo in stucco dorato. È opera di lapicidi lombardi che lo eseguirono, pare su disegno dell’architetto Ruggeri (progettista della chiesa nel 1698); più probabilmente fu eseguito nella prima metà del secolo successivo. Bella linea, prettamente barocca, di pregevole fattura e ricchezza di materiali.

Crocifisso d’altare in legno intagliato e dipinto. Opera di autore forse locale del XVIII sec., presenta un corpo rigorosamente modellato e capelli finemente intagliati da un tocco deciso, esile e nervoso; il braccio verticale della croce si imposta su una pietra verde istoriata a nubi. E’ stato di recente restaurato da maestri gardenesi.

CORO

Grande tela “Presentazione al tempio” in fondo all’abside, olio su tela, cm 380×470; con cornice mistilinea in legno dorato.

Eseguita nel 1754, viene attribuita a Federico Bianchi, pittore attivo a Milano nel XVIII sec. Raffigura la Presentazione al tempio di Gesù e la purificazione della Vergine, evento cui è dedicata la chiesa. Al centro si scorge il vecchio Simeone, erroneamente rappresentato come sacerdote, che regge il Bambino dal colorito intensamente luminoso; la Vergine è in ginocchio e ha un delicato colorito rosato. Alle sue spalle si vede S. Giuseppe illuminato da una piena luce radente e alcune figure in penombra.

Opera piena di colore, con monumentalità settecentesca e grande effetto scenico.

PARETE DI FONDO

Affresco cm 1.000×500, eseguito nel 1888 dal pittore vigevanese Casimiro Ottone (1856-1942), autore anche di tutti gli ornati delle pareti. Crea un buon effetto illusionistico di dilatazione spaziale e si inserisce perfettamente nelle linee architettoniche della chiesa a causa del suo stile baroccheggiante.

La chiesa e la Comunità di S. Maria del Popolo

Nel 1968 la chiesa viene affidata a Don Tarcisio Comelli, in qualità di Rettore.
A metà del XX secolo, il Concilio Vaticano II segna un prima e un dopo per la vita delle comunità ecclesiali e, quindi, anche per S. Maria del Popolo. I confratelli, ormai anziani e in numero esiguo, non si curano più dell’edificio sacro, che invece diventa punto di riferimento liturgico ed ecclesiale per la Comunità di S. Maria del Popolo. Il legame della Comunità con il suo tempio diventa sempre più stretto, anche per le urgenze di manutenzione e di restauro, per le quali si apre una sottoscrizione cittadina con esito molto positivo.

La componente adulta della comunità s’impegna per rivitalizzare la Confraternita “quiescente” e, il 31/01/1987, Mons. Mario Rossi firma il nuovo statuto ad experimentum, approvandolo definitivamente il 13/04/1988. Nel 1987 Don Comelli è nominato Cappellano della Confraternita.

Molti componenti della Comunità entrano nel gruppo rifondatore della Confraternita e creano una felice e fruttuosa sovrapposizione sul piano liturgico, culturale e caritativo. Le molteplici attività, rivolte alla crescita spirituale e culturale degli iscritti, vanno a beneficio dell’intera città.

Ancora oggi si mantiene una collaborazione proficua fra diverse realtà diocesane (Caritas, parrocchie, Consiglio pastorale) e la Confraternita/Comunità di S. Maria del Popolo.